Consenso informato


Il diritto del paziente ad autodeterminarsi alla cura
Malato informato Malato fortunato ?
Verrebbe proprio da credere che sia così. Il consenso informato, o forse sarebbe meglio dire, la “fobia” per i sanitari del consenso informato si palesa soprattutto in considerazione degli effetti penali che alla sua assenza sono stati sottesi, soprattutto in passato.
Dal timore per le conseguenze stabilite dal codice penale in mancanza del consenso dell’avente diritto, in vero un poco giustificate da talune prese di posizione giurisprudenziali, è ora di passare al vero nocciolo del problema rappresentato dal dovere d’informare.
Per certi versi, come si è avuto occasione di scrivere anche in altre occasioni, il consenso informato è addirittura stato sopravvalutato nella misura in cui, a tale concetto, non è stato connesso il dovere contrattuale d’informare il Malato. In altre parole, non tanto è importante aver prestato, con determinate forme, il consenso, quanto aver ricevuto l’informazione poiché un consenso, prestato senza aver ricevuto informazione adeguata, non è un consenso “informato” per quanto la sottoscrizione apposta in calce agli stereotipati moduli di consenso predisposti dalle strutture faccia presumere.
Il dovere d’informare, nel contratto di cura, merita quindi posizione assolutamente centrale e, in tal senso, anche gli strumenti per stigmatizzare il suo difetto debbono essere riconosciuti con proporzionale vigore: non informare è già motivo di risoluzione del contratto per grave inadempimento, a prescindere dall’emersione di un danno –tradizionalmente inteso- ricollegato a detta violazione. E ancora, il danno, a voler ben leggere la realtà, si produce molto spesso su di un piano che prescinde dalla lesione psico-fisica, appannaggio del danno biologico, nonché da quella del patimento interiore, che si relaziona con il danno morale, per determinare scompensi nell’area areddituale appannaggio del danno esistenziale. E’ il diritto all’autodeterminazione del Malato ad essere offeso, anche se la disinformazione non ha prodotto necessariamente un danno biologico, poiché sono i progetti di vita del Malato a poter essere stati pregiudicati in modo temporaneo o permanente.
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